Manshiyat Naser è uno dei quartieri più poveri del Cairo. A pochi chilometri dalla moderna e sfavillante Downtown ma lontana anni luce dal suo tentativo di strizzare l’occhio all’Ovest. Si trova alle pendici della collina Mokattam e sembra guardare il resto di questa megalopoli nordafricana con uno sguardo pieno di desiderio di appartenerla, ma con la malinconia di sapere che questo non sarà mai possibile.
Qui l’emarginazione è una cosa concreta, fisica. I suoi 60.000 abitanti, per lo più cristiani copti, vivono del riciclaggio della spazzatura. Manshiyat Naser è infatti meglio conosciuto come Garbage City.
Gli Zabbalin, i netturbini, percorrono ogni strada e ogni angolo della città per raccogliere tutta la spazzatura prodotta dai suoi oltre 16 milioni di abitanti. Lo fanno a bordo di ogni mezzo a loro disposizione: pick-up, auto sgangherate, motociclette, carri trainati da asini o cavalli, e trasportano ciò che viene raccolto nel quartiere, dove donne e bambini si occupano della raccolta differenziata. Si stima che l’80-90% della spazzatura in tutto il Cairo venga riciclata grazie a queste persone. Sebbene disprezzati dagli stessi cairot, gli Zabbalin rappresentano un organo vitale per l’intera megalopoli, mancando completamente di un metodo efficace di raccolta e smaltimento dei rifiuti.