Tempo fa un amico, fotografo anche lui, cui stavo mostrando alcune foto scattate durante quest’ultimo anno ebbe a dirmi che molte delle immagini che vedeva gli parevano reliquie, oggetti sospesi esistenti solo per se stessi ed il loro valore estetico, ma senza nessuna storia da raccontare, senza soggetto, predicato e complemento oggetto, per usare la terminologia propria di un altro campo. Gli sembrava che avessi fotografato il niente.
È stata un’illuminazione, e ancora lo ringrazio, fotografare il niente mi pare una splendida definizione del tentativo di rendere parzialmente e frammentariamente alcune atmosfere legate a quest’anno di epidemia senza scadere nel melodrammatico.
Fotografie di oggetti comuni o luoghi e situazioni familiari, immagini prive però di presenze umane, ritiratesi come l’acqua della bassa marea, che tutt’al più si rivelano solo attraverso relitti spiaggiati sui marciapiedi della città ; immagini di oggetti emblematici, volutamente scelti per il loro trascurabile valore, riflessi e riflessioni sul niente; un niente che trasmette la minaccia impalpabile di qualcosa che non si vede (come in tutte le epidemie della storia), ma ci costringe ad una misura diversa, e al ribasso, di noi stessi.
Grazie David per il tuo apprezzamento! Mi fa molto piacere
Queste foto sono sbalorditive ed evocative. Bravo Pietro!