Il lavoro “Subway” per me è un lavoro importante. Probabilmente il corpo di lavoro che ho portato avanti più a lungo…
Oltre alle fotografie in se’, questo lavoro mi ha fatto capire cosa era la fotografia per me e cosa non era, soprattutto. Scattando queste foto, ho deciso di lasciare il mio lavoro ben pagato e lanciarmi nella fotografia a tempo pieno.
La piccola macchina mi dava accesso ad altre vite, e mi insegnava a leggere la realtà in un modo nuovo, a comprenderlo e a comprendermi… a volte il risultato finale era un fallimento, o meno importante in ogni caso.
Dopo 15 anni, considero questo lavoro finito.
Lo esibirò in una piccola mostra all’interno del Milano Photofestival se vorrete venire a trovarmi sarò presente il giorno dell’inaugurazione ed in altre piccole occasioni. E potrete vedere un progetto libro che ho stampato in poche copie, perché questo è il modo con cui ho da sempre condiviso e che conosco meglio.
La mostra sarà QUI il giorno 29 Settembre dalle 18, un occasione (specialmente in un periodo come questo) di rivedere amici vecchi e nuovi.
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Ho incominciato a prendere queste fotografie per caso, durante quelle ore senza fine passate andando avanti e indietro negli anni in cui avevo un lavoro per così dire regolare… come milioni di altre persone, ho fatto questa vita per anni.
Le metropolitane possono essere un teatro pazzesco di situazioni umane se siamo aperti a possibilità differenti. Ci ho scattato fotografie dal 2005 pressoché quotidianamente ed oggi è molto più comune osservare il 90% dei passeggeri nascosti e persi osservando lo schermo di uno smartphone piuttosto che impegnati a interagire o semplicemente a guardarsi attorno.
Nei vagoni della metropolitana perdi facilmente l’identità che hai accuratamente costruito, mentre sei circondato dalla folla. Puoi essere un manager o un vagabondo e non farà una grossa differenza. La tua privacy e il tuo spazio sono rivisitati secondo regole diverse e nemmeno lo spazio per respirare comodamente è sempre garantito. Il nostro antico senso dell’olfatto viene messo alla prova di fronte a mille estranei.
Il tuo stato sociale è appiattito, tutti non aspettano altro di tornare in superficie.
Giochi di sguardi, incontri, distanza, auricolari, libri e il maledetto smartphone diventano strumenti di difesa e storie di persone che posso solo immaginare che per alcune fermate o dozzine di minuti vivono assieme tra sfumature di fascino e indifferenza. Alcuni ne approfitteranno per guadagnare preziosi minuti di sonno, qualcuno si perde guardando dal finestrino e molti faranno di tutto tranne semplicemente attendere. Altri sognano ad occhi aperti.
Una coppia si tiene per mano per rimanere assieme nella follia del disordine. Follia simile a quella che vivevo in quegli anni.
Nasce una connessione.
La mia piccola macchina fotografica mi aiuta ad affrontare e capire tutto questo, insegnandomi a guardare e vedere dove si suppone non ci sia nulla da vedere registrando e notando frammenti che perderei se fossi senza una macchina e senza l’ossessione per la fotografia. Traduttrice, maschera e protezione.
Questo è il mio treno e il mio viaggio.
Gabriele Lopez