Sto camminando in un bosco, sono qui da un po’ di tempo, forse un paio d’ore o forse più. Non ho l’orologio e il cellulare è spento, chiuso nello zaino. Il tempo in un bosco fitto assume una dimensione diversa. Non hai i riferimenti che hai quando sei “fuori”: cammini per ore attraversando in continuazione la luce e l’ombra, intravedi il bagliore del sole ma non ne individui la posizione precisa.
All’interno del bosco, quando fuori c’è il sole, vedi più faticosamente, i contorni sono più confusi, il forte contrasto tra buio e luce crea una sorta di confusione visiva. Più “fuori” c’è luce, e più “dentro” vedi peggio. Ma quando “fuori” le nuvole coprono il sole, il bosco “dentro” ti appare in tutte le sue forme. Puoi così vedere strane figure contorte dal vento e dalla spasmodica ricerca della luce, puoi vedere monconi di tronchi che sembrano sculture intarsiate, scolpite dalla voracità di invisibili parassiti. Puoi vedere la corteccia rugosa e spessa, come la pelle raggrinzita di un vecchio che ha passato la vita lottando con il vento e con il sole o puoi scorgere rami ricoperti di un muschio morbido, come per proteggerli dal freddo e dalla pioggia. Accanto ad alberi rigogliosi puoi vedere scuri tronchi pietrificati dal fulmine, anneriti dal fuoco.
Nel bosco puoi vedere la vita e puoi vederne la sua fine.