Quando tutto è così bianco, che tutti gli altri colori sembrano perdere importanza.
Quando tutto sembra così soffice da poter attutire ogni cosa, ogni rumore.
Quando puoi vedere il movimento del vento impresso sul bianco.
Quando davanti a te sembra non esserci nulla.
Quando voltandoti indietro vedi solo i passi che hai fatto.
Da bambino la neve mi incantava, mi ipnotizzava guardandola cadere con il suo movimento lento. Amavo uscire e camminarci dentro, avvolto dal bianco e da quel suono ovattato. Ero un bambino nato in una città di pianura, e la neve era un fatto abbastanza raro. La prima volta, poi, che la vidi in piena estate, fu per me un’emozione incredibile. Avevo dodici anni e mio padre mi portò in montagna per una decina di giorni. Ricordo ancora quando una sera della nostra vacanza mi disse: “domani ti porto a pestare la neve lassù”, indicandomi un canalone bianco sulla montagna sopra il paese. Ho ancora ben chiaro il rumore dei miei scarponcini da bambino su quella neve vecchia di qualche mese, indurita dal vento e dal gelo notturno; camminandoci su mi chinavo spesso a toccarla con le mani, quasi incredulo di poter toccare la neve in pieno luglio. Ed ora, a distanza di diverse decine di anni da quel momento, quando cammino nella neve le sensazioni che provo sono le stesse, sento gli stessi suoni, gli stessi odori.
Gli inuit dicono che ci sono mille modi per definire la neve; per me il più importante è “magica” perché solo con la neve puoi sentire, forte, il rumore del silenzio.