Camminando a zonzo tra le antiche vie del centro storico di Ferrara, mi imbatto in un portoncino in legno, semi aperto, sul quale è attaccata una piccola targa con inciso un nome: Flavia Franceschini.
Non c’è campanello, non c’è citofono, non c’è cassetta della posta. Già da questi indizi si capisce che quella non è una normale abitazione; la porta semi aperta mi invoglia a dare un’occhiata dentro: un manichino elegantemente vestito con mantello e cappello neri sembra tener d’occhio la porta dalla quale mi affaccio. Nella piccola stanza attirano la mia attenzione delle foto che ritraggono il castello di Ferrara nella nebbia; e poi vecchie bambole, vecchie foto alle pareti, libri.
Entro e vengo accolto da Flavia, che spunta da una stanza laterale. Flavia Franceschini è la “padrona di casa”, è l’artista che ha trasformato un vecchio panificio ferrarese in un laboratorio d’arte. Nella stanza principale, il vero e proprio laboratorio, esistono ancora le testimonianze dell’antico forno del pane: gli scaffali in legno sui quali venivano accatastate le coppie (il pane tipico di Ferrara), le due bocche in ghisa del forno, e le pareti interamente rivestite di piastrelle bianche.
Al centro della stanza c’è una scultura in legno alla quale Flavia sta ancora lavorando; tutt’intorno, su tavoli e mensole, vi sono utensili da lavoro e intaglio, pennelli, colori, foto: perché Flavia principalmente scolpisce il legno, ma dipinge e fotografa, e le sue foto possiedono quella tipica atmosfera che si trova nei romanzi di Bassani, in cui case e persone sono avvolte, quasi protette, dalla nebbia ferrarese. E nel suo laboratorio, l’artista è come avvolta e protetta dai suoi utensili e dalle sue opere, dal profumo del legno, dalla luce di lampade e vecchie abat jour.
Flavia mi parla del suo lavoro, mentre alcuni turisti sbirciano dalla porta socchiusa, tenuta d’occhio dal manichino di felliniana memoria….